Turismo “soft”: viaggiare rispettando l’ambiente e il territorio

Umberto CurtiLigucibario®

Per turismo “soft” si intendono quelle forme di viaggio e fruizione dei luoghi improntate a sostenibilità ambientale. Si potrebbero usare numerosi sinonimi, anche a conferma di una concettualizzazione un po’ confusa: turismo naturale, amico, alternativo, ecologico, green, finanche etico e responsabile (termini più tipici nell’outgoing).

A tale tema s’intreccia immediata la questione delle certificazioni, dei marchi e club di prodotto, che da inizio anni 90 hanno visto all’opera professionalità molto eterogenee, ma che talora, purtroppo, hanno “condotto” sui territori ben pochi turisti in più. Ciò in quanto il futuro di non poche destinazioni è rappresentato sì – e ciò pare evidente – dalla tutela delle risorse ambientali e della “tipicità”, ma soprattutto poi dalle infrastrutture, dalle tecnologie, dai servizi, dall’alacrità dei players, dalla managerialità creativa dei sistemi, dalla formazione professionale.

Nell’ottica ampia dello sviluppo economico italiano, che punti al turismo come ad una delle priorità, si rende dunque necessario riconsiderare alcuni aspetti inerenti tali marchi di qualità, ascoltando in proposito anche le imprese dell’ospitalità, le quali debbono coniugare le istanze della sostenibilità e quelle del profitto.

L’utilizzo dei marchi – come noto – nasce per elevare, tramite sistemi procedurali, gli standard di qualità delle destinazioni e delle imprese ospitali, e per “disseminare” i risultati conseguiti. L’assegnazione/utilizzo è risultata però afflitta da alcuni limiti che ne hanno attenuato i benefici. Prima di tutto la proliferazione (punte d’oltre 50 marchi solo in Europa), talora legata alla concezione del marchio come mero veicolo d’immediati vantaggi economici.

Non solo, la proliferazione ha comportato il disorientamento del turista, che non decifra più le reali portate qualitative fra l’uno e gli altri, e addirittura può tendere a dimenticarli tutti (l’iniziativa comunitaria “Visit” si prefisse proprio di porre un po’ d’ordine nell’intrico).

Al contempo, è necessario progettare i marchi in modo tale da rappresentare un numero significativo di imprese. Così come è possibile trovare, sui territori, esempi di nutrita presenza, talora alcuni marchi non raggiunsero una massa critica, “scolorando” col passare del tempo.

Un ulteriore aspetto di criticità sono i costi d’istruttoria e mantenimento, talora onerosi per gli imprenditori di piccole dimensioni e/o famigliari, così tipici nel turismo italiano.

Nel ripensamento dei marchi si tenga dunque conto di alcuni elementi, che ne migliorerebbero funzionalità ed efficacia:

  1. livelli soglia ragionevoli: bisogna stabilire quali siano gli standard minimi cui un’impresa si deve conformare per meritare il marchio/appartenere al club di prodotto, ma allo stesso tempo questi standard devono essere realmente praticabili
  2. test di autovalutazione: sono necessari test che gli imprenditori possano “autosomministrarsi” per controllare direttamente il proprio operato. Questo rende più verificabili i successivi miglioramenti e funge da “manutenzione” conoscitiva
  3. distinzione fra criteri obbligatori e facoltativi: sin nella stesura, quelli obbligatori rispondono al livello minimo, mentre i facoltativi rispondono al bisogno dell’impresa di migliorare continuativamente, di proporsi – passo passo – livelli d’eccellenza proporzionati alle proprie caratteristiche (e ambizioni) intrinseche
  4. controlli e rinnovi: devono essere azioni consulenziali attuate per motivare l’impresa, e non in ottica ispettiva. Anche la tecnica del “mistery shopper” va oculatamente gestita. Contemporaneamente, non devono venir troppo diradati in senso temporale, ciò che potrebbe “demotivare” l’impresa
  5. l’istituzione di club di prodotto ecc. va pensata in coerenza con altri marchi già esistenti, di modo che un’impresa abbia la possibilità di “impiegare” efficacemente il percorso sin lì svolto in più direzioni, candidandosi in prospettiva anche per altri marchi
  6. rientra prioritariamente nelle tematiche dei club di prodotto anche la loro comunicazione verso i vari pubblici e turismi, “promozione” che può oggi essere supportata da diversi strumenti coordinati, in primis web 2.0 e social media marketing…
  7. di primaria importanza, sempre, le professionalità della back e della front line. Una più alta qualificazione ha ripercussioni positive su quei processi che portano il servizio fino al cliente (le imprese del turismo sono ad alta intensità di lavoro, e molteplici ricerche mostrano come la professionalità degli staff aumenti anche del 50% la qualità immediatamente percepita dai clienti e dunque la customer satisfaction).
  8. analogamente, la formazione e il coinvolgimento degli addetti al servizio ha ripercussioni positive anche nei processi propriamente riguardanti gestione ed organizzazione (ad es. si possono ottenere risparmi energetici fino al 20% ed oltre)
  9. i disciplinari più efficaci sono intrinsecamente legati alle diverse fasi dell’accoglienza, organizzate in modo da garantire al cliente (a maggior ragione se target caratterizzato da peculiari interessi culturali, naturalistici, enogastronomici ecc.) una sensazione di efficienza, comfort, suggestione. Il fine è, in qualche modo, la costruzione e l’osservanza di “carte dell’ospitalità” strutturate per punti (qualità, tipicità, cortesia, informazioni, squadra, formazione, marketing operativo…) idonee a differenziare le imprese sui mercati e a fidelizzare il cliente. Tali disciplinari risultano inoltre coerenti ad un dialogo specifico con le istituzioni, alle opportunità di formazione e validazione finanziata (per titolari e/o per dipendenti), alla costruzione di interazioni e pacchetti presso gli interlocutori specializzati su segmenti e nicchie (tour operator, sodalizi, media e guide di settore…)
  10. si sottolinea infine che, per evidenti ragioni “metodologiche”, si palesa sempre incongrua la scelta di affidare controlli, rinnovi e comunicazione del percorso qualitativo a soggetti diversi rispetto a quelli che hanno ideato, costruito e attivato presso l’impresa il disciplinare.

Dott. Umberto Curti
Ligucibario®