Nel secolo XVII si usava fare il Grand Tour, vero must per i rampolli delle case aristocratiche di mezza Europa. Questo viaggio aveva come traguardo irrinunciabile l’Italia e il suo ricco patrimonio architettonico, artistico e culturale. Già allora si guardava al viaggio in Italia come a un’esperienza formativa, un’esperienza iniziatica che precedeva l’ingresso nel mondo degli adulti, una forma di turismo esperienziale ante litteram.
Con l’avvento del turismo di massa e della globalizzazione il turismo si è trasformato in uno dei fenomeni economici e sociali più importanti a livello globale, driver strategico per tutte le economie. Oggi non esiste destinazione al mondo che non sia già stata raggiunta, e per fuggire dalla standardizzazione ad oltranza, il turismo si evolve e si rinnova.
Il settore si presenta con un’altra veste perchè sono cambiate le offerte come le aspettative. Sono cambiati i turisti così come gli operatori che lavorano con il turismo. Si può dire che anche il turismo “viaggia”, a suo modo, passando da un turismo di destinazione a uno di motivazione. L’importanza non è più centrata sulla località scelta come luogo di arrivo ma sul valore esperienziale, sulla percezione del posto, sulla voglia di imparare, sperimentare, vivere pienamente il luogo stesso e conoscere la sua gente.

L’Italia ha la fortuna di possedere un patrimonio storico-artistico unico e questo si può considerare il vero “greggio” nazionale anche se spesso viene “estratto” con poca efficacia e non è valorizzato come dovrebbe. Il Belpaese risulta essere la quinta destinazione turistica mondiale con 50,7 milioni di arrivi internazionali (dati Unicredit- Touring Club Italiano ). Questi milioni di turisti visitano l’Italia non solo per ammirare le sue vestigia e i suoi monumenti ma anche per la sua cucina, le sue tradizioni, la simpatia della sua gente, in breve quello che viene definito “italianità”.
Se si esamina come i flussi turistici provenienti dall’estero si distribuiiscono nelle varie regioni italiane si rilevano grandi disparità. Il Veneto fa registrare la prima posizione con 42.213.738 presenze, seguito da Trentino Alto Adige con 26.763.957 presenze, Toscana con 23.947.505, Lombardia con 21.733.272 e Lazio con 19.655.212 presenze. Ma ciò che più colpisce è che tra i dati del Lazio e quelli delle altre regioni Italiane le presenze si dimezzano: 9.612.200 in Emilia Romagna, 8.672.439 in Campania, e così a scendere, fino alle 1.283.293 presenze in Valle D’Aosta , 814.265 in Abruzzo, in 228.961 Basilicata e, fanalino di coda, il Molise, con 47.099 presenze.
Le domande sorgono spontanee. Come spiegare queste differenze? ll Veneto presenta un territorio particolarmente privilegiato perché può contare sul “tris d’assi” costituito da Venezia, dal litorale con spiagge apprezzatissime da austriaci e tedeschi che va da Bibione a Rosolina passando per Jesolo Lido, che da solo fa registrare grandi numeri, e infine dalle Dolomiti, che dal 2009 sono patrimonio dell’Unesco. “Il Veneto possiede un patrimonio inestimabile da offrire al turista mondiale, ma senza la professionalità, l’intraprendenza, la voglia di investire nonostante i tempi difficili, il coraggio di rischiare dei nostri imprenditori, questi risultati non sarebbero arrivati. Il Veneto è squadra compatta anche su un terreno difficile come l’incoming turistico, e quindi vince”- ha detto il Presidente della Regione Luca Zaia, commentando i lusinghieri risultati del turismo veneto riportati nel Rapporto sul turismo 2017, realizzato da Unicredit in collaborazione con il Touring Club Italiano.
Ma al di là del record del Veneto che fa caso a sé, rimangono delle evidenze che non si possono non riconoscere. Anche nel turismo esiste un Italia a due velocità, con le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud che procedono a velocità distinte. Un fatto davvero paradossale se si considerano gli elementi di forte attrazione conosciuti all’estero dell’Italia sono proprio il paesaggio, il patrimonio storico-artistico ed enogastronomico e gli aspetti climatici, tutti fattori molto presenti nelle regioni del Meridione. Come non pensare alle spiagge bianche, al mare cristallino e ai paesaggi mozzafiato della costiera del Cilento, del litorale di Chia in Sardegna o del Salento?
La conclusione è che per avere un forte appeal sul turista non basta possedere i migliori requisiti naturalistici. Oggi non bastano più. In questo senso il caso dell’Emilia Romagna è emblematico: non disponendo di un mare da favola ha dovuto puntare su altro, prima sul turismo per famiglie e poi sull’industria del divertimento, creando così un prodotto turistico che prescindeva dalle caratteristiche ambientali. In molti casi non basta sfruttare le bellezze naturali per attrarre i turisti, ci vuole una strategia finalizzata a valorizzare il territorio in tutte le sue forme. “Il turista di oggi – ha affermato in una recente intervista il dott. Luca Caputo, dell’Università del Salento – vuole sporcarsi le mani e non vuole essere trattato da turista, motivo per cui il vero obiettivo dovrebbe essere quello di creare i presupposti affinché il medium col territorio non sia la guida turistica ma il locale stesso. Si tratta di attivare e connettere relazioni coinvolgendo sempre più locali e turisti nel racconto del territorio, sviluppando le esperienze migliori e raccontando le storie giuste. Il viaggiatore avrà dunque come destinazione i locali, non le località. Sarà compito di ogni sistema territoriale definire la progettazione di circuiti di valore in cui l’esperienza, quella autentica e non mediata, possa diventare attrattività turistica e al tempo stesso un modo innovativo di opportunità di lavoro per l’economia locale”.