Recentemente è iniziata una collaborazione tra Artès e Paolo Proietti, classe 1973, una laurea in Scienze politiche e una vita trascorsa nel settore turistico come formatore e consulente di strutture alberghiere ed extralberghiere, esperto di Web marketing e Revenue Management alberghiero. Ma chi è Paolo Proietti? Proviamo a chiederlo direttamente alla persona interessata.
Buongiorno Paolo, puoi spiegare a chi ci legge chi sei e di cosa ti occupi?
Attualmente sono presidente del CITS, il Centro Italiano Turismo Sociale, l’associazione nazionale di promozione sociale, di ispirazione cristiana che si occupa di tempo libero, costituita nel 1974 con il fine di promuovere e valorizzare il turismo sociale e religioso, e l’attività delle Case per Ferie, strutture ricettive extralberghiere, 3.400 circa in tutta Italia.
Quali sono state le tue esperienze?
Sono cresciuto negli ambienti dell’associazionismo e del volontariato, in passato ho ricoperto incarichi in ambiti associativi, e sono stato membro della presidenza delle Acli Provinciali di Roma e della Presidenza nazionale del Centro Turistico Giovanile.
Da quanto tempo ti occupi di turismo?
Sono anni che mi occupo di turismo, in tutte le sue forme, potrei dire a 360 gradi. In particolare nel settore ricettivo sia in ambito profit che in quello no profit.
Ci potresti dare una definizione di turismo sociale?
Nella sua accezione più recente il turismo sociale va inteso come momento d’incontro, di relazione e di scambio di esperienze reciproche e di culture tra persone di città e regioni diverse. Il turismo sociale è costituito da tutte quelle realtà che fanno da punti di aggregazione tra le persone. Dal settore sportivo a quello enogastronomico, dal settore culturale a quello religioso a quello naturalistico. In sintesi tutte le attività che aggregano le persone e dove al centro di questa aggregazione c’è la conoscenza umana, l’incontro e naturalmente la conoscenza del territorio.
Il tuo nome è spesso associato al turismo religioso. Ci puoi spiegare questo nesso?
È molto semplice. Perché il turismo religioso non è in realtà che una sottocategoria del turismo sociale.
Come hai conosciuto Artès?
Qualche anno fa, in occasione di una conferenza a Roma durante la quale Maurizio Testa stava presentando e illustrando il progetto Artès e questo suo nuovo modo di fare turismo esperienziale professionale.
Avevi già sentito parlare di turismo esperienziale?
Assolutamente sì. All’estero il turismo esperienziale è una realtà conosciuta e già diffusa. Non così si può dire per l’Italia. Inoltre in Italia spesso si chiama turismo esperienziale l’attività in sé, iò che si fa fare al turista. È un modo riduttivo di usare il termine “esperienziale”.
Cosa ti aveva colpito del progetto Artès?
Sono una persona curiosa e molta attenta ai cambiamenti che si verificano nella realtà in cui opero. In questo caso ci sono due aspetti che avevano attirato la mia attenzione sulla realtà Artès. Prima di tutto la novità, questo era ed è un prodotto assolutamente nuovo. Ma non solo, un altro aspetto di questa nuova realtà è che Artès non solo proponeva il turismo esperienziale in Italia ma lo faceva con un modello, usando un metodo e quindi professionalizzava questa nuova figura professionale che l’operatore per il turismo esperienziale.
Quale pensi possa essere il tuo contributo nel Progetto Artès?
Penso di poter fare conoscere il progetto agli operatori del turismo religioso. Inoltre, a settembre parteciperò come relatore e un seminario. Sarà un’opportunità per spiegare cos’è il turismo esperienziale e la sua valenza nel promuovere il territorio. Un po’ più in là nel tempo vorrei creare una proposta di turismo esperienziale a Roma e nel Lazio.